1. |
Nigredo
01:51
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2. |
Pessimismo Cosmico
01:51
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Pessimismo cosmico nel meccanismo recondito dell'artrosi cerebrale, ipnosi cerebellare, ma qua non computo nel coito d'emozioni fuori onda, che randomizzo nelle interazioni col prossimo.
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Dislocato all'interno della piramide, in fila per l'esame psicostasico di osiride, reclino il capo per guardare le anime nell'ade, declino l'invito a capotavola del capostipite, nel talamo retrospezioni oniriche delle stazioni dormi-veglia, un flash organolettico genera flussi d'incoscienza che riverso su blocchi di cellulosa, nell'istante precedente l'ingresso nella realtà formale e ufficiosa di una mattina senza sole, fra nuvole di cenere e bagliore elettrico di un'esistenza perniciosa, il mio bisogno di consumatore è il punto focale d'attenzione d'interfacce senza ego, che mi guardano con espressioni in 8bit, non mi "chiedo", riconduco a dio ogni forma del mio io che non mi spiego, ma se torno in sospensione annullo l'interferenza che occulta il segnale dei cuori delle persone...
... Celati da bobine e turbine, generatori autoalimentati di infelicità, impiegati come macchine ab aeternum, negli ingranaggi d'un meccanismo ad orologeria sito nel core della vita stessa.
Pessimismo cosmico.
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3. |
Coito Molesto
01:30
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Espiantami l'anima, lo stomaco in una scatola porta-gioie, il cuore su un treppiedi, il cervello in un libro di memorie, palpebre racchiudono le pagine di storie che m'illudono, scorie d'un placebo che ingurgito negli interstizi di lucida, da quale pulpito!?... Da quale parte remota della realtà, giungono i raminghi messaggeri che musico... Ma quale lugubre piacere!? Quà è un lugubre scenario, se l'incedere della ragione amplifica il divario da qui all'iperuranio, tentennando tentativi di cedere alla passione che bramo, quale impeto di purificazione da un peccato originale, originato da uno stimolo ancestrale, e riponendo le vesti di convenienza, nell'ordinario desisto al baratro implorando clemenza.
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4. |
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Maga: Porto solamente cuore e pelle, sono ciò che indosso, brucia il sangue denso fra sbarre di carne ed osso, l'ittero del fumo brilla nell'intercapedine e guardo i sole fra i calli della solitudine.
eNos: Fisso muro glauco. Aurum. La raija auriga dal placido acaro: Hagakure la cura. Causa rebus da suspance, emula colpi alla nuca. Fiuta carne cruda esanime su arti semoventi in mobilità; cimitero dei vivi in nuovi aspetti. La coralità in battaglia allieta, assuefà l'istante, anticipa la caduta. Sutra in abissi dell'irregolarità, su tra i boschivi monti e manti nevosi fuggo. Di culto abiuro l'egoismo in dosi, passaggi occlusi in cicli disarmonici. Sicli per riciclaggio: crisi dismesse e messi tra massa nessi inconcepibili digitano crash. Fendo con ascia. Lassem sciot! Nocivi elogi saggiano mescita di oli ingiusti. Shock. Morendo Saggi innalzano l'Aravot e Tu dal basso scroto scruti grovigli di corpi in putrefazione. Razzia di ratio omologa l'uno. Diseguale al guado dal resto ma analoga funzione. Mani in faccia coprendomi il processo arresto.
Maga: Vermicolari abitanti dell'aracnoide, veicolano masse di formicolanti xilocope, tarantolato all'angolo, logorato dalla nudità che eiaculo sul grembo bianco di chi sa la verità.
Promo: Apro l'uscio sulla faccia, entità separata in dita, denti in tinta porpora perfora forme antiche in tende; eterei visi, stermino sterei, stormi di stereotipi. Torbidi disturbi di turbine titubanti in centri urbani deturpati. Riportami all'abitudine, dai tubi di bitume aspiro fumi strobo al volto scuro, cala un separè, compaio dietro a un sipario, operaio di ciò che appaio in paio di decoltè. Anestesia, amnesia, sono io, sono noi, sono voi, sono solo il sonno rem che rivive in me nel conscio, pulsazioni al collo, decorro il conto, di chili di merda in colon, Mi decoloro in alcol puro, depuro il punto di uno sguardo in un osservatorio, scatola oratorio, orat e labora, laboratorio, obitorio. Ruoto lobo, abito botola allibito, esodo al bordo di un viso sordo.
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